Breve storia della fortificazione del Trentino

Il Trentino agli inizi dell’Ottocento
Nel 1803 Napoleone Bonaparte decretò la cessazione del governo del Principato vescovile di Trento e il Trentino passò per brevi periodi all’amministrazione austriaca, a quella bavarese, all’amministrazione del Regno d’Italia e di nuovo, per effetto del Congresso di Vienna del 1815, al dominio asburgico, sotto il quale il Trentino venne unito al Tirolo in un’unica provincia, il cui capoluogo venne stabilito a Innsbruck.
La vita culturale ed intellettuale era animata dall’Accademia degli Agiati di Rovereto, dalla società agraria (nata nel 1838) e dalle forti personalità di Antonio Gazzoletti, Tommaso Gar, Benedetto Giovanelli e Agostino Perini. All’interno della Dieta di Innsbruck, i rapporti con le autorità tirolesi, poco propense a curare gli interessi economici della parte italiana della provincia e a concederle un adeguato riconoscimento, furono sempre difficili e portarono ad un rafforzamento delle richieste di autonomia per il Trentino. I progetti presentati dall’abate Giovanni a Prato alle Assemblee costituenti di Francoforte nel 1848 e di Kremsier nel 1849 non trovarono però ascolto.

Gli anni delle guerre di indipendenza italiane
Negli anni del Risorgimento italiano, il Trentino tornò ad essere interessato direttamente da operazioni militari. Nell’aprile del 1848, mentre nella pianura veneta si svolgevano i combattimenti tra le truppe del feldmaresciallo Radetzky e l’esercito piemontese, una formazione di volontari bergamaschi (i Corpi Franchi) riuscì a penetrare nel Trentino attraverso le valli Giudicarie e la Val di Sole, spingendosi sino a pochi chilometri da Trento.
Sino alla metà dell'Ottocento, il valore strategico del Tirolo risiedeva nella sua caratteristica di “terra di passaggio” tra due possibili teatri di operazioni militari: le valli del Danubio a nord, la pianura veneta a sud. A questo scopo era stata avviata la costruzione della piazzaforte di Bressanone (di cui si costruì la sola Franzensfeste, 1833-1838) e dello sbarramento di Nauders (1834-1840).
Nel 1859, il trattato di Villafranca concludeva la seconda guerra d’indipendenza e portava alla cessione della Lombardia al Piemonte. Con ciò, la parte occidentale del Trentino divenne zona di confine acquistando una maggiore importanza militare e rendendo necessaria la costruzione di una serie di sbarramenti stradali (tagliate) posti a difesa dei suoi valichi occidentali (1860-61).

La fortificazione del territorio

Nella seconda metà dell’Ottocento la storia del Trentino fu fortemente segnata dalle conseguenze della terza guerra d’indipendenza italiana (1866), al termine della quale, con il Veneto annesso al Regno sabaudo, divenne terra di confine.
Da allora sino alla vigilia del primo conflitto mondiale, mentre in Trentino si inaspriva la lotta autonomista, i militari sollecitarono una capillare fortificazione del territorio. Il rifiuto dei progetti di autonomia da parte del governo provinciale di Innsbruck spinse la deputazione trentina a una lunga astensione dai lavori parlamentari.
Di fronte a questo atteggiamento di chiusura, alla minaccia del pangermanesimo, alle sempre più prepotenti misure repressive degli organi di polizia e dei militari, trovarono nuovo vigore le aspirazioni irredentiste di quanti auspicavano l’unificazione al Regno d'Italia dei territori di lingua italiana ancora soggetti al dominio asburgico.
La lotta per la difesa dell’identità nazionale ebbe come protagoniste le associazioni, tra cui la Società alpinisti tridentini (S.A.T.), la “Pro Patria”, la “Lega Nazionale”, la “Società degli studenti trentini”.
Negli stessi anni nacquero in Trentino i primi partiti politici: il partito liberale (1871), il socialista (1894), in cui militò Cesare Battisti; i cattolici diedero vita nel 1904 al Partito Popolare trentino (in cui si formò Alcide de Gasperi). Grazie alle leggi elettorali del 1882, 1896 e 1907 crebbe numericamente la rappresentanza trentina al Parlamento di Vienna. La regione soffrì le conseguenze economiche del distacco dal Veneto e l’imposizione di pesanti dazi sui generi di esportazione e di importazione, che provocarono una forte emigrazione, soprattutto verso l’America latina. Ciò nonostante negli ultimi decenni del secolo XIX si assistette alla modernizzazione delle città e delle infrastrutture. L’apertura della ferrovia della Valsugana nel 1896 e della tramvia elettrica Trento-Malè nel 1909 furono tra le realizzazioni più importanti del periodo. Sotto il podestà Paolo Oss-Mazzurana, Trento conobbe un periodo di espansione. Il potenziamento delle vie di comunicazione assieme all’inaugurazione di nuove strutture recettive favorirono lo sviluppo del turismo che fu però ostacolato dai militari che temevano attività di spionaggio.
Dal 1866 la regione fu progressivamente trasformata in una piazzaforte: negli anni ’80 dell’Ottocento Trento fu dichiarata città-fortezza e circondata da una cintura di forti. Furono potenziati gli sbarramenti di confine già esistenti e se ne aggiunsero di nuovi con funzioni non più soltanto di difesa, ma anche offensive.

1914. La Tiroler Widerstandslinie
Nel 1914, lo scoppio della guerra contro la Russia e la Serbia sospese i lavori della fortificazione permanente in Trentino. Dall’estate 1914 si accelerò la costruzione di opere di fortificazioni campali: dall’Ortles alle Dolomiti di Sesto venne realizzata una linea trincerata ininterrotta, battezzata "Tiroler Widerstandslinie" (linea di resistenza tirolese).
Furono chiamati alle armi nelle file dell’esercito austro-ungarico gli uomini tra i 21 e i 42 anni; tra il 1915 e il 1918 la mobilitazione si estese agli uomini tra i 18 e i 49 anni. In totale i trentini richiamati furono circa 60.000. Le unità dell’esercito che inquadravano i soldati del Trentino, erano i 4 reggimenti impierial-regi (Kaiserliche Königliche) Kaiserjäger (cacciatori imperiali) ed i 3 reggimenti da montagna dei Landesschützen (“difensori regionali"), oltre i 2 reggimenti della Tiroler Landsturm (milizia territoriale).

I trentini sul fronte orientale
Sul fronte russo i trentini sperimentarono, spesso lasciandone testimonianza in diari e memorie, la tragedia della guerra di trincea. Si calcola che i caduti furono più di 11.000.
Non sappiamo con precisione quanti caddero prigionieri dei Russi o disertarono. La maggior parte di loro fu impiegata in Russia come forza lavoro. Circa 4.000 trentini e italiani delle province adriatiche, mossi da ideali irredentistici, accettarono il trasferimento in Italia, grazie alla collaborazione militare tra Regno d’Italia e Impero russo. Concentrati nel campo di Kirsanov, imbarcati nel 1916 nel porto di Arcangelsk per la Gran Bretagna da cui, attraverso la Francia, giunsero a Torino. Alla fine del 1917 circa 2.500, bloccati dai ghiacci, vennero trasferiti a Tien Tsin, sede della Concessione italiana in Cina, dove una parte combatté contro i bolscevichi inquadrata nei Battaglioni Neri del Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente. Altri trentini accettarono invece di battersi dalla parte dei rivoluzionari. Un ultimo gruppo, infine, fu imbarcato dai porti dell’Estremo Oriente per gli Stati Uniti, da dove proseguì alla volta dell’Europa.

Il fronte italo-austriaco
Allo scoppio delle ostilità con il Regno d’Italia, la difesa del territorio venne affidata a compagnie della milizia territoriale, in carenza di truppe regolari.
Per l’esercito italiano il fronte trentino era un fronte secondario; la sua particolarità rese però gli scontri particolarmente impegnativi: i soldati, spesso impreparati, si trovarono gettati nella “guerra bianca”, in condizioni durissime di vita. Solo con l’"offensiva di primavera" del 1916 (Strafexpedition), concentrata tra la Vallagarina e Asiago, l’esercito austro-ungarico riuscì a riconquistare alcune delle posizioni abbandonate nel 1915.
Nel novembre 1918 l’esercito italiano sfondò le linee austro-ungariche e il 4 novembre venne firmato l’armistizio.
Si calcola che i volontari trentini nel Regio Esercito furono in totale circa 700. Erano in gran parte di estrazione borghese e di formazione liberale o socialista. Molti erano giovani studenti educati dalle famiglie a sentimenti di italianità, ma non mancavano maturi professionisti, commercianti ed artigiani. La maggior parte era residente a Trento e Rovereto, ma non erano rari i volontari che provenivano dalle valli, riuniti a partire dalla primavera del 1917 nella Legione Trentina.

L’evacuazione dei civili: l’esperienza dei profughi
La dichiarazione di guerra dell'Italia all'Impero austro-ungarico provocò l’evacuazione delle aree del Trentino poste in prossimità del fronte; spontaneamente o in modo forzoso circa 100.000 persone, per lo più donne, bambini e anziani lasciarono le loro case verso la Boemia, la Moravia o in grandi campi di raccolta, (Mitterndorf, Braunau am Inn, ecc.) vere “città di legno” predisposte per contenere più di 20.000 sfollati. Nelle baracche dilagarono la miseria, le malattie, la mortalità. Nei paesi non evacuati si instaurò la militarizzazione della vita civile. I centri abitati situati sulla linea del fronte vennero distrutti, le campagne devastate, le proprietà saccheggiate e disperse.
Circa 30.000 persone infine, abitanti nei paesi occupati dal Regio esercito dopo il maggio del 1915, vennero evacuate verso l’Italia. Circa 1.700 trentini sospettati di sentimenti filoitaliani vennero raccolti nel campo di Katzenau, a pochi chilometri da Linz, sulla riva destra del Danubio. Altre centinaia, accusati di sentimenti filoaustriaci, vennero invece internati in Italia.