Tavola

Vite appese a un filo

Il primo gennaio 1916 viene portata a buon fine da parte della Royal Army Medical Corps la prima trasfusione utilizzando sangue che era stato immagazzinato e raffreddato. Più tardi nello stesso anno L. Bruce Robertson di Toronto, chirurgo e ufficiale dell'esercito, pubblica un articolo sul British Medical Journal dal titolo The transfusion of whole blood: a suggestion for its more frequent employment in war surgery, dopo la sua esperienza diretta sul campo. All'Armistizio del 1918 la trasfusione di sangue era stata largamente usata dagli Alleati, tanto che la Royal Army Medical Corps definì la trasfusione come il più importante avanzamento medico della guerra, per il numero di soldati moribondi che era possibile salvare direttamente sul campo.
L'avanzamento medico per la cura dei feriti rappresenta una grande differenza rispetto alle guerre precedenti, caratterizzate da una maggior percentuale di morti per ferite, malattie e infezioni. Il cambiamento portato da questa innovazione scientifica fu decisivo soprattutto per le battaglie combattute in territori aspri e difficili, come gli ambienti di montagna. In quei casi essere ferito gravemente significava molto spesso essere condannati a morte, in quanto risultava quasi impossibile riuscire a raggiungere l'ospedale più vicino ancora in vita.
Il primo gennaio 1916 é anche il giorno dell'esplosione della prima mina fatta scoppiare sul fronte italiano da parte degli austriaci, sul Lagazuoi, nel gruppo delle Dolomiti Orientali di Badia. É simbolico sottolineare come i nuovi ritrovati della scienza medica potessero fare la differenza anche nello scenario estremo e terribile della guerra in alta quota, nella quale l'esplosione delle mine, le pericolose arrampicate e le valanghe mietevano quotidianamente vittime. La vita dei soldati era perciò legata, in entrambi i casi, ad un sottile cordone – il tubo per le trasfusioni da una parte, la corda per l'arrampicata dall'altra.